Mercoledì 8 Aprile 2009 - (II sogno) Sono seduta ad un tavolo insieme a S., il mio capo, e un bambino di circa 8 anni. Siamo in penombra. Stiamo facendo un gioco, io chiedo a turno agli altri di scegliere tra una cosa che diventa via via più prioritaria per il soggetto e Martina, la figlia del capo. Ovviamente lui sceglie sempre di salvare la figlia, S. ci pensa su, già alla domanda "tra il cibo e Martina?" tentenna. Allo sguardo perplesso del capo io rispondo "E' naturale, lui non conosce Martina e quindi non fa fatica a scegliere." Le domande che faccio pongono scelte sempre più difficili da prendere, e quindi esprimo il desiderio di smettere, dicendo che è un gioco pericoloso, che arriverà ad un punto dove Martina dovrà essere sacrificata anche dal padre. Lui sostiene di no e rivolgendosi al bambino gli domanda "Tra la tomba e Martina?" il bambino non capisce, mi accorgo di essere stata io a fare la domanda e quindi sento di dovergli spiegare cosa vuol dire morire, sepolto vivo. "Nessuno verrà a salvarti, e non potrai più giocare, non
esisterai più per nessuno, sarai immobile sotto terra ad aspettare di addormentarti per non svegliarti più
perché essere svegli li sotto è terribile. Hai capito bene?" Il bambino fa cenno di si con la testa e poi sceglie comunque di salvare Martina. Io lo accarezzo sui capelli e gli dico che è stato bravo e che grazie a questa scelta non morirà sepolto vivo, ma diventerà un cavaliere coraggioso che troverà l'amore perfetto. Lo mando a giocare, spiegandogli un'ultima volta che la sepoltura non è un gioco, di non farlo neanche per scherzo con nessun amico,
perché quando l'amico muore non si può più tornare indietro, non importa quante lacrime, quanto uno si penta di aver fatto quel gioco, l'amico morto non tornerà più a vivere. Il bambino mi rassicura e va a giocare felice di essere un cavaliere senza macchia e paura. Mi rivolgo allora ai due uomini rimasti, "Sei sepolto vivo e anche Martina lo è, solo tu o lei può essere tirato fuori dalla tomba e salvato, chi salvi?"
Il mio capo rinuncia alla sua vita per la figlia. Guardo S. vedo che sa benissimo cosa sceglierà ma è tentato di dare l'altra risposta, lo metto in guardia: "Questo non è un gioco, quando ti dico che devi scegliere tra la tua vita e quella di Martina chi scegli? Non dire palle
perché io capisco se non dici la verità." Mi sveglio sapendo che sceglierà se stesso.
Tutti i nomi di donna sono riconducibili a Marta o a Maria. Il mio nome appartine al ramo di Marta.
La piccola Marta, Martina, sono io e può salvarla solo un padre, un piccolo cavaliere senza macchia e paura, e io.
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