Mercoledì 8 Aprile 2009 - (I sogno) L'ufficio dove lavoro è un cinema. Nell'atrio di ingresso, scalinate di marmo bianco coperte da tappeti rossi, sui lati vari negozi gestiti dai praticanti. Entro dalle porte a vetri scorrevoli, cammino sicura sui tacchi alti, indosso un completo giacca pantalone nero e un lupetto a mezze maniche nero attillato. Dietro di me c'è Eve con un'altra collega. Fanno una battuta sul fatto che da quando indosso i tacchi alti ho conquistato il potere e insinuano che io abbia una relazione con un collega, perché, dicono, sia lui che il capo mi ascoltano e trattano da pari livello. Il Capo è proprio dietro di loro, le sgrida ed entrato nel negozio del collega in questione gli chiede un giudizio su di me. Lui risponde che non è perché indosso i tacchi alti o perché c'è qualcosa tra noi che mi tratta così, ma perché sono e sono sempre stata una persona valida, sulla quale contare e con capacità di giudizio obiettivo. Il Capo se ne va via sulle scale dicendo che questo è quello che pensa anche lui, che in passato ha sbagliato a lasciar correre certe situazioni, ma che ora ha deciso di essere più diretto. Eve mi raggiunge sui divanetti dell'atrio, è arrabbiata e lamentosa, perché, dice, non tutti possono mettere i tacchi alti, che a lei, per esempio, dopo un po' le fanno male i piedi. Con fare comprensivo le rispondo che non ha importanza avere i tacchi o meno, è come uno tiene le scarpe che fa la differenza. Le guardo i piedi, indossa un paio di graziose ballerine cosparse di paillette color bronzo. Le dico che ha sempre avuto scarpe carine e femminili, che è giovane ed è giusto così, che non è mai stata sciatta ed è quella la cosa importante. Ci abbracciamo e io esco, devo spostare la macchina che ho lasciato in mezzo alla rotonda. Faccio retromarcia decisa, manovra ed esco. Trovo parcheggio sul lungomare. In macchina ho un'altro paio di scarpe, sono francesine stringate, tacco alto quadrato, marroni in rettile. Le prendo e faccio per avviarmi al lavoro. Torno indietro e prendo dalla macchina anche delle ciabatte grigie in feltro. Con me ora c'è Eve, le do una delle due ciabatte. Sul tragitto so dove c'è un cestino dei rifiuti, ci butto la ciabatta, e guardo Eve perché faccia la stessa cosa con quella che ha n mano lei. E' titubante, non sa se buttarla o no, io la incoraggio e allora infila la ciabatta nel suo cestino dei rifiuti. Camminando sul marciapiede mi infilo ai piedi le scarpe marroni perché ora sono vestita di questo colore.
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