Oggi ho un malditesta torbido. Si diffonde su una linea immaginaria, da sinistra a destra, sulla fronte, vicinissima all'inizio dei capelli. Non è forte, è come un tappeto musicale, il suo rumore è sordo e continuo, una musica formata da una nota sola. Michela mi ha massaggiato la testa con un olio che ha raffreddato tutto lo scalpo. Dalla finestra ogni tanto entra un alito di vento, ad ogni folata sento il cervello risucchiato fuori dalla testa, come dita rapaci che scavano nel cranio.
E' strano e piacevole. Mi fa smettere di pensare.
Devo tornare in ufficio, il sole è un caldo berretto di lana sulla mia testa. Ferma al semaforo mi guardo allo specchio mentre liscio il berretto di sole sui capelli. Lateralmente percepisco il passare di una macchina conosciuta. E' l'ora, è il luogo, è il giorno giusto. Non ho bisogno di guardare chi sta guidando, so che è lui. Invece di accellerare sta rallentando. Sento lo spostamento d'aria provocato dalla testa che si è girata. Sento lo sguardo sulla mia macchina che va rimpicciolendosi nello specchietto retrovisore. E' restio a abbandonare l'immagine. Dilata la strada e il tempo.
Il vento crea turbini visivi entrando dai finestrini completamente abbassati. Schiacciano il freddo assopito tra i miei capelli e lo fanno scivolare sul viso, entra negli occhi ed escono lacrime.
Sono in ufficio ora, spostandomi di due piastrelle per volta sento profumo di pane appena sfornato, salame ungherese, torta di mele e crema pasticcera calda, sono tutti nella mia testa.
Mi siedo, dovrei concentrarmi sul lavoro da fare, ma non ho materia cerebrale sufficiente da concentrare.
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