Martedì 28 Aprile 2009 - Sogno di entrare in un negozio dove sono già stata qualche sogno fa, solo che non me lo ricordavo, fino ad ora. E' una gioielleria etnica. Con me c'è Z. e altre amiche, Z. mi porta a vedere una collana che ho già visto l'altra volta e che costava 129,00. Quando la vedo mi sembra diversa da come la ricordavo, è un cerchio di metallo con un pendente grande quanto un melone, sembra un feto, mi rendo conto che non potrei portare questo gioiello senza rimanere con il collo piegato in avanti. Guardo il cartellino del prezzo ora c'è scritto 3x39,00. Le altre amiche si sono dirette subito verso una libreria in cristallo che espone bracciali rigidi d'argento e collane bellissime, sono fatte di piastrine collegate tra loro a formare un triangolo che copre il petto, flessibili e cangianti come scaglie di pesce. Eccola, quella è la collana che avevo visto l'altra volta, ora la ricordo chiaramente, è composta da un laccio morbido intorno al collo al quale sono collegate, a scalare in un triangolo che copre il petto lasciando scoperti i seni, piastrine d'argento lavorate con simboli misteriosi, ad ogni spostamento d'aria, le piastrine si muovono fluide creando un onda che riflette le luci, il sole, il cielo fuori dalla vetrina. Improvvisamente ritorno all'inizio del sogno, avevo pensato di salire la scalinata coperta di velluto rosso. So che sopra ci sono sandali in corda e argento di cui ho bisogno, ma ero stata distolta da Z. prima di poter salire. Vengo svegliata. Nel dormiveglia cerco di riprendere il sogno per poter salire le scale... suona la sveglia. Ci proverò nel prossimo sogno.
I sandali nel loro ricoprire parzialmente i piedi, che rappresentano a loro volta l'anima del sognatore, raffigurano una apertura dell'anima verso l'esterno.
Il collo rappresenta l'unione tra mente e corpo, di conseguenza una collana simboleggia l'unione tra questi due lati di noi.
La collana che cercavo non era il giogo con il feto, questa volta non mi sono fatta distogliere da chi voleva farmi credere che quella fosse la collana che volevo.
La collana che avevo visto e che cercavo ha la flessibilità del pesce, che cambia direzione con un colpo di coda.
Ma c'è una cosa più importante che devo fare, salire le scale, compiere un cambiamento di livello per migliorare il contesto della vita affettiva e spirituale. Lassù so che troverò i sandali di cui ho bisogno, li ho già visti, sono fatti di corda e d'argento.
La suola di corda implica essa stessa un'appoggio stabile per la salita verso l'alto.
La corda scaturisce dalle virtù personali, lega e sigilla, unisce e aiuta a sorreggersi.
Intorno al piede, a trattenere il sandalo, lacci d'argento lucente e lavorato. Esso parla di un'anima che ha accolto in sé un amalgama di influenze, l'argento, metallo della Luna, corrisponde ad una emotività passiva.
Così come di dipendenza in amore parlano i braccialetti rigidi e chiusi.
La scala è ricoperta di velluto rosso, esso simboleggia un successo conquistato grazie alle nostre capacità interiori.
Questo sogno in apparenza semplice e insignificante, parla di come sono riuscita a liberarmi da un giogo che mi costringeva ad una posizione fetale, ripiegata su me stessa e senza possibilità di evoluzione, di come con un colpo di coda degno della sirena che ho sognato più volte di essere, ho cambiato direzione nel mare dell'emotività, di come abbia rifiutato di essere dipendente in amore, rigida e chiusa come il bracciale da schiava e di come aneli a salire ad un livello superiore di consapevolezza. Dove troverò scarpe adatte per procedere sul cammino intrapreso e far intravedere un po' più di me e di quello che sono dentro, mostrando la mia emotività passiva.
Devo tornare a dormire. Per sognare. E per indossare i sandali.
martedì 28 aprile 2009
lunedì 27 aprile 2009
Quando l'allievo è pronto, il maestro arriva
Così recita un insegnamento Buddhista.
Quando si è pronti per imparare, il maestro, l'insegnamento, arriva e noi finalmente capiamo ciò che prima era oscuro.
Quando si è pronti per imparare, il maestro, l'insegnamento, arriva e noi finalmente capiamo ciò che prima era oscuro.
domenica 26 aprile 2009
Crisalide
Sono così trasparente? E allora se sono così trasparente perché chi mi circonda non vede dentro di me? Essere trasparente in un mondo di non vedenti è inutile.
Ho provato a farmi sentire, udito, tatto, olfatto. Niente.
L’unica strada di comunicazione era il gusto e quindi ho riversato tutta la mia potenzialità espressiva nel cibo. Prepararlo per gli altri e mangiarne io stessa, per riempire il vuoto. Un vuoto d’affetto. Comprensione, amore, sesso.Il cibo, usato come lo uso io, stordisce. Così è più facile reprimere le emozioni, le sensazioni. E’ più facile reprimersi. In tutto.
Ho esercitato volontariamente la facoltà di non scegliere. Passivamente.
Nell’illusione che fosse sufficiente. Che bastasse.
Nell’economia pragmatica che mi ha sempre salvato dalla presa di coscienza e quindi costretta e rinchiusa, ho scartato le farfalle perché erano lontane migliaia di kilometri.
Un volo troppo lungo per ali così fragili.
E ora? Ho paura di essere solo una farfalla da cortile. Ho paura che queste ali nel frattempo cresciute e rese più forti, abbiano perso l'istinto al volo. Crisalide di Villa Ruzza - Scultura di Antonio di Rosa (http://www.antoniodirosa.it/)
La foto della crisalide è tratta da www.amisk.ca/
martedì 14 aprile 2009
Guepière per balenottere
Cercavo una guepière per balenottere. Non ne esistono. Alle balenottere non è concesso sentirsi sexy. Così per ottenere la mia guepière ho dovuto dimagrire. E diventare una donna.
Questa metamorfosi vista dall'esterno ha comportato "solo" un dimagrimento. C'è chi, più sensibile di altri, mi ha percepito "più piccola" nel senso che occupo un'area minore nello spazio ma anche più minuta, più fragile, indifesa. Senza più corazza, appunto.
Vissuta da dentro non ho solo perso peso, ho perso delle certezze che ho scoperto essere fittizie, una certa razionalità che mi proteggeva dal sentire veramente, ho perso l'ancoraggio con la realtà così come l'ho percepita negli ultimi anni.
Ho perso 20 kilogrammi e 20 anni. E così sono tornata me stessa. La me stessa che avevo abbandonato e smesso di crescere e far diventare adulta.
Quando si perde qualcosa di cui ci si voleva liberare, il posto vacante viene subito rimpiazzato da qualcos'altro. Non sempre positivo. Io sono stata fortunata, a prendere il posto occupato dalla balenottera è arrivata una ragazza 17enne, fresca e giovane, che non pesa niente. Quella che ero e che mi ero dimenticata di essere.
E così ho ricordato.
Lasciarsi andare. Vivere intensamente il momento. Percepire la realtà con tutti i sensi acuiti. A volte sinesteticamente. Essere improvvisamente inondata da sensazioni che altri descrivono verificarsi solo dopo uso di stupefacenti, sono per me scatenabili richiamandole da dentro me stessa. E proprio qui era il problema.
Giovane, inesperta nel gestire queste sensazioni, improvvisamente sradicata, lasciata senza alcun punto di riferimento che non sia "comune", l'unico modo che ho visto possibile attuare era annullare il sentire. Ma se questo "sentire" è parte di te, allora annulli anche la percezione di tutto il resto, quello che è normalmente accettato dagli altri. Così ho vissuto in una sorta di condizione oppiacea, con una costante fame chimica come unico sfogo degli impulsi che avevo deciso di non ascoltare.
In questi giorni ho ricominciato dal punto in cui avevo interrotto.Crescere da 17enne con l'esperienza e il bagaglio culturale di 42enne ti fa crescere rapidamente.
Con bruciante intensità sento gli impulsi dettati da un istinto messo a tacere per troppo tempo, ma la pragmaticità che ho sempre avuto, unita alla cultura che ho nel frattempo sviluppato, mi danno la capacità di riconoscere, organizzare e portare a soddisfare questi impulsi.
So cosa voglio e come. E per ottenere soddisfazione agirò senza colpo ferire, come è la mia natura, ma determinata a non rinunciare più in nome di qualcosa o qualcuno che non sia dentro di me.
E' solo questione di programmazione per sfruttare al meglio i tempi e poi togliere di mezzo la razionalità e lasciarsi andare completamente.
Sabato mi sono comprata la mia prima guepière, è bellissima. Una volta a casa, ho riordinato il cassetto della biancheria, eliminando reggiseni così grandi da sembrare inverosimili e spostando in un'altro cassetto completi ancora troppo piccoli per la me di adesso e forse anche del futuro. Con il loro carico del passato occupavano uno spazio e un tempo che non tornerà. Nel cassetto della biancheria adesso c'è solo ciò che mi sta bene, come taglia e come senso. C'è la mia guepière nuova, comprata solo per me. Quando la indosso sento che è come una corazza. Una corazza che mi fa sentire potente, ma che all'occorrenza posso togliere per mostrarmi nuda e tenera.Svuotando i cassetti, lì in fondo, mai usati, ho trovato cinque body. Non sono mai stata una donna da body, neanche quando mi andavano bene. Erano lì a languire, dimostrazione di un tentativo di omologazione mai riuscito. Perché sono diversa. Ho tagliato i body nella loro boditudine, e recuperando spalline di reggiseni persi nel tempo, li ho modificati e sono diventati delle guepière o meglio delle abeillère. Se la guepière ti fa sentire come una vespa, pericolosa e imponente una certa rigidità, la abeillère ti permette di essere un'ape, flessibile e operosa ma sempre munita di un'arma. Entrambe però hanno ciò che a me interessa di più. I laccetti che reggono le calze o le parigine.
Il sentirmi imbrigliata mi ricorda costantemente di essere un cavallo, folle e un po' selvaggia.
Mai completamente domata. Pronta a disarcionare chi mi sta addosso e a scalciare. La sensazione di avere queste briglie lungo le cosce è allo stesso tempo potente e sensuale. La mia guepière e le mie abeillère non sono ostentate. Vivono la loro vita segreta sotto abiti non conformi alla loro natura. Solo io so che sotto la T shirt e la giacca c'è la mia nuova corazza.
Che sotto i jeans ci sono le briglie. E chi comanda le briglie sono solo io.
Questa metamorfosi vista dall'esterno ha comportato "solo" un dimagrimento. C'è chi, più sensibile di altri, mi ha percepito "più piccola" nel senso che occupo un'area minore nello spazio ma anche più minuta, più fragile, indifesa. Senza più corazza, appunto.
Vissuta da dentro non ho solo perso peso, ho perso delle certezze che ho scoperto essere fittizie, una certa razionalità che mi proteggeva dal sentire veramente, ho perso l'ancoraggio con la realtà così come l'ho percepita negli ultimi anni.
Ho perso 20 kilogrammi e 20 anni. E così sono tornata me stessa. La me stessa che avevo abbandonato e smesso di crescere e far diventare adulta.
Quando si perde qualcosa di cui ci si voleva liberare, il posto vacante viene subito rimpiazzato da qualcos'altro. Non sempre positivo. Io sono stata fortunata, a prendere il posto occupato dalla balenottera è arrivata una ragazza 17enne, fresca e giovane, che non pesa niente. Quella che ero e che mi ero dimenticata di essere.
E così ho ricordato.
Lasciarsi andare. Vivere intensamente il momento. Percepire la realtà con tutti i sensi acuiti. A volte sinesteticamente. Essere improvvisamente inondata da sensazioni che altri descrivono verificarsi solo dopo uso di stupefacenti, sono per me scatenabili richiamandole da dentro me stessa. E proprio qui era il problema.
Giovane, inesperta nel gestire queste sensazioni, improvvisamente sradicata, lasciata senza alcun punto di riferimento che non sia "comune", l'unico modo che ho visto possibile attuare era annullare il sentire. Ma se questo "sentire" è parte di te, allora annulli anche la percezione di tutto il resto, quello che è normalmente accettato dagli altri. Così ho vissuto in una sorta di condizione oppiacea, con una costante fame chimica come unico sfogo degli impulsi che avevo deciso di non ascoltare.
In questi giorni ho ricominciato dal punto in cui avevo interrotto.Crescere da 17enne con l'esperienza e il bagaglio culturale di 42enne ti fa crescere rapidamente.
Con bruciante intensità sento gli impulsi dettati da un istinto messo a tacere per troppo tempo, ma la pragmaticità che ho sempre avuto, unita alla cultura che ho nel frattempo sviluppato, mi danno la capacità di riconoscere, organizzare e portare a soddisfare questi impulsi.
So cosa voglio e come. E per ottenere soddisfazione agirò senza colpo ferire, come è la mia natura, ma determinata a non rinunciare più in nome di qualcosa o qualcuno che non sia dentro di me.
E' solo questione di programmazione per sfruttare al meglio i tempi e poi togliere di mezzo la razionalità e lasciarsi andare completamente.
Sabato mi sono comprata la mia prima guepière, è bellissima. Una volta a casa, ho riordinato il cassetto della biancheria, eliminando reggiseni così grandi da sembrare inverosimili e spostando in un'altro cassetto completi ancora troppo piccoli per la me di adesso e forse anche del futuro. Con il loro carico del passato occupavano uno spazio e un tempo che non tornerà. Nel cassetto della biancheria adesso c'è solo ciò che mi sta bene, come taglia e come senso. C'è la mia guepière nuova, comprata solo per me. Quando la indosso sento che è come una corazza. Una corazza che mi fa sentire potente, ma che all'occorrenza posso togliere per mostrarmi nuda e tenera.Svuotando i cassetti, lì in fondo, mai usati, ho trovato cinque body. Non sono mai stata una donna da body, neanche quando mi andavano bene. Erano lì a languire, dimostrazione di un tentativo di omologazione mai riuscito. Perché sono diversa. Ho tagliato i body nella loro boditudine, e recuperando spalline di reggiseni persi nel tempo, li ho modificati e sono diventati delle guepière o meglio delle abeillère. Se la guepière ti fa sentire come una vespa, pericolosa e imponente una certa rigidità, la abeillère ti permette di essere un'ape, flessibile e operosa ma sempre munita di un'arma. Entrambe però hanno ciò che a me interessa di più. I laccetti che reggono le calze o le parigine.
Il sentirmi imbrigliata mi ricorda costantemente di essere un cavallo, folle e un po' selvaggia.
Mai completamente domata. Pronta a disarcionare chi mi sta addosso e a scalciare. La sensazione di avere queste briglie lungo le cosce è allo stesso tempo potente e sensuale. La mia guepière e le mie abeillère non sono ostentate. Vivono la loro vita segreta sotto abiti non conformi alla loro natura. Solo io so che sotto la T shirt e la giacca c'è la mia nuova corazza.
Che sotto i jeans ci sono le briglie. E chi comanda le briglie sono solo io.
lunedì 13 aprile 2009
L'Intensiva
Sabato 11 Aprile 2009 - Devo entrare in acqua per la lezione di acquagym, sono già in costume. Le corsie sono tante vasche singole affiancate. C'è tantissima gente, facce nuove. Nella vasca corsia della mia lezione sono già dentro tutte, stanno aspettando che la lezione inizi. Io sono fuori e con me c'è S. che è impaziente di andarsene. Gli dico che devo fare la lezione, come al solito, quindi...? All'altoparlante qualcuno comunica che le lezioni sono momentaneamente sospese, per cause di forza maggiore, riprenderanno forse tra un'ora. Un'istruttore di nuoto dice ai suoi allievi di uscire, che rifaranno quella lezione un'altra giorno e che li porta a bere una birra, offre lui. Un signore attempato, forse il padre di uno di questi allievi o un'allievo lui stesso, si lamenta che ha fatto 80 kilometri per venire fino a qui e ora scopre che non c'è lezione. Io sono indecisa se aspettare ferma qui o fare un giretto. Con S. andiamo a fare un giro nel paese vicino. Nella realtà è un paese veramente piccolo, qui scopro che sembra di essere a Tenerife, ma con la neve. Alberghi, locali gremiti di gente in vacanza, centri commerciali tropicali tutti colorati, sale giochi, ristoranti, un paese votato al turismo e al divertimento. Continuiamo a procedere e ci troviamo nella parte vecchia del paese, qui sembra di essere in Liguria, case antiche, stradine piccole come carruggi, leggermente in salita. Arriviamo ad uno spiazzo, siamo in macchina ora, guida lui. Dall'alto della strada vedo scavi di siti archeologici, un foro romano, le colonne di un tempio greco, erba fine e verde chiaro tra le pietre. Parcheggiamo. Sento rumore di acqua ed attività natatorie sulla sinistra, salgo delle scale e mi trovo in un complesso termale all'aperto. Nella piscina tutta piastrellata in tufo stanno facendo una lezione di Intensiva. Sono solo due allieve e un maestro che parla con un accento straniero. Mi avvicino per osservarli meglio, gli esercizi vengono svolti fuori dall'acqua, braccia e gambe vengono messe in posizione di stretching e il maestro poi le solleva prendendole proprio per l'arto in tensione. Si spostano in acqua e ora tutto mi è chiaro, in assenza di peso i movimenti delle allieve e del maestro sono fluidi e sembrano un balletto. La Lezione finisce, entro in un corridoio e mi accorgo di avere indossato un camice per mischiarmi con il personale del centro. In un ufficio ci sono opuscoli verdi, ne sto prendendo uno da sotto la pigna perché non voglio quello sopra toccato da tutti e in quel mentre arriva l'istruttore di Intensiva. Mi rivolge la parola dicendo che mi ha visto che osservavo prima, quindi implicitamente mi fa capire che sa che non sono del personale, ma non mi denuncerà per aver indossato un camice che non mi appartiene. Prende un opuscolo diverso dagli altri e me lo porge dicendo "Prenda questo, è qui che c'è scritto quello che faccio, dopo tre lezioni è già più alta e magra e con una postura perfetta..." capisco ora che sono Romeni, ho sentito parlare di questa struttura, come di un posto dove ottengono ottimi risultati con tecniche innovative che da noi non esistono. Lo ringrazio e mi dirigo verso l'uscita con il foglietto in mano. Appendo il camice ed esco dalla porta principale, scendo la grande scalinata e raggiungo il parcheggio, sto correndo perché ho paura di essere in ritardo per la mia lezione di acquagym, avevo perso la cognizione del tempo che passava. S. non riesce a starmi dietro, rischia di scivolare sul ghiaccio che io invece supero con grandi falcate. Cerco la mia macchina, mi sembra di averla vista, quando S. mi ricorda che siamo arrivati con la sua. La cerco, impaziente di arrivare alla lezione e già incazzata perché ho il sospetto che sia già iniziata e magari anche finita. Troviamo la macchina, no non è neanche questa, uffa, ah eccola, salgo in macchina e come al solito bisogna fare due o tre tentativi prima che si metta in moto, fremo impaziente e penso che dovevo venire da sola con la mia macchina, che non ha problemi. Mi sveglio.
domenica 12 aprile 2009
Personaggi ed interpreti - Il Ragazzo Onirico
I miei sogni sono popolati da personaggi che ritornano, figure costanti della mia vita onirica, o che mutano forma di volta in volta, ma che io so essere sempre lo stesso interprete.
Il Ragazzo Onirico è stato un neonato, un bambino di circa 7/8/9 anni, un ragazzo handicappato, un ragazzo suicida, un giovane uomo asiatico, un compagno di corso di aquagym che ruba l'attenzione del Maestro, e poi di nuovo un bambino. Quest'ultimo è forse un segno di retrocessione?
Il Bambino Onirico o, come lo definisce Jung, il Fanciullo Divino, rappresenta l'affermazione del sé, della propria fierezza e delle aspirazioni, del cammino interiore e del superamento del sé. E' un elemento diurno e solare, ci segnala di essere in quella fase di cambiamento matura per essere portata a compimento. E' l'azione.
Per le sognatrici può essere anche un Animus non ancora completo. La parte maschile dentro ogni donna, che conduce, una volta riconosciuta e sviluppata, ad essere un tutto in sé.
La mia parte maschile è un misto di Apollo, Hermes e Dionisio. E proprio Dionisio era il Fanciullo Divino dell'Olimpo. Egli è sceso negli Inferi, come Hermes, e ne è risalito. Dionisio è morto smembrato ed è rinato a nuova vita. Faceva parte dei Misteri Eleusini inseme a Demetra (la Madre) e Persefone (la Figlia). Conosceva e liberava quella parte segreta delle donne, che non viene rivelata agli altri uomini, nelle Feste Dionisiache.
Egli rappresenta il misticismo e la sensualità riuniti in un solo essere. Queste due pulsioni contrapposte eppure coesistenti in me.Nell'ultimo sogno dove è comparso il mio Ragazzo Onirico, egli si è trovato ad affrontare una scelta, a prendere atto di una verità orribile e a dover prendere una decisione in merito (Salvare Martina). L'ha fatto con coraggio. Coraggio che voglio avere io d'ora in poi.
I Misteri Eleusini: I Mysteria erano la festa dell'entrata nell'oscurità e dell'uscita verso la luce.
Il rito era composto da dròmena (cose fatte), legòmena (cose dette) e deiknùmena (cose mostrate)
La segretezza dei Mysteria consisteva nella indicibilità della esperienza (pathein), indipendentemente dalla volontà dei partecipanti al culto.
Non si aveva apprendimento (mathein) che all'inizio, poi si trattava di un mutamento di coscienza (diathetenai).
Feste Dionisiache, dove le Baccanti, vivevano una comunione con Dionisio, vagando per il bosco e sperimentando il percorso di follia e trasformazione, unione con la natura e potenza, liberazione selvaggia e slegamento da ogni regola che aveva caratterizzato la vita di Dionisio.
In questi modi contrapposti di apprendimento al cambiamento vedo le mie due nature. Sognatrice e pragmatica, empirista metafisica, razionale e sensoriale.
Il Ragazzo Onirico è stato un neonato, un bambino di circa 7/8/9 anni, un ragazzo handicappato, un ragazzo suicida, un giovane uomo asiatico, un compagno di corso di aquagym che ruba l'attenzione del Maestro, e poi di nuovo un bambino. Quest'ultimo è forse un segno di retrocessione?
Il Bambino Onirico o, come lo definisce Jung, il Fanciullo Divino, rappresenta l'affermazione del sé, della propria fierezza e delle aspirazioni, del cammino interiore e del superamento del sé. E' un elemento diurno e solare, ci segnala di essere in quella fase di cambiamento matura per essere portata a compimento. E' l'azione.
Per le sognatrici può essere anche un Animus non ancora completo. La parte maschile dentro ogni donna, che conduce, una volta riconosciuta e sviluppata, ad essere un tutto in sé.
La mia parte maschile è un misto di Apollo, Hermes e Dionisio. E proprio Dionisio era il Fanciullo Divino dell'Olimpo. Egli è sceso negli Inferi, come Hermes, e ne è risalito. Dionisio è morto smembrato ed è rinato a nuova vita. Faceva parte dei Misteri Eleusini inseme a Demetra (la Madre) e Persefone (la Figlia). Conosceva e liberava quella parte segreta delle donne, che non viene rivelata agli altri uomini, nelle Feste Dionisiache.
Egli rappresenta il misticismo e la sensualità riuniti in un solo essere. Queste due pulsioni contrapposte eppure coesistenti in me.Nell'ultimo sogno dove è comparso il mio Ragazzo Onirico, egli si è trovato ad affrontare una scelta, a prendere atto di una verità orribile e a dover prendere una decisione in merito (Salvare Martina). L'ha fatto con coraggio. Coraggio che voglio avere io d'ora in poi.
I Misteri Eleusini: I Mysteria erano la festa dell'entrata nell'oscurità e dell'uscita verso la luce.
Il rito era composto da dròmena (cose fatte), legòmena (cose dette) e deiknùmena (cose mostrate)
La segretezza dei Mysteria consisteva nella indicibilità della esperienza (pathein), indipendentemente dalla volontà dei partecipanti al culto.
Non si aveva apprendimento (mathein) che all'inizio, poi si trattava di un mutamento di coscienza (diathetenai).
Feste Dionisiache, dove le Baccanti, vivevano una comunione con Dionisio, vagando per il bosco e sperimentando il percorso di follia e trasformazione, unione con la natura e potenza, liberazione selvaggia e slegamento da ogni regola che aveva caratterizzato la vita di Dionisio.
In questi modi contrapposti di apprendimento al cambiamento vedo le mie due nature. Sognatrice e pragmatica, empirista metafisica, razionale e sensoriale.
venerdì 10 aprile 2009
Salvare Martina
Mercoledì 8 Aprile 2009 - (II sogno) Sono seduta ad un tavolo insieme a S., il mio capo, e un bambino di circa 8 anni. Siamo in penombra. Stiamo facendo un gioco, io chiedo a turno agli altri di scegliere tra una cosa che diventa via via più prioritaria per il soggetto e Martina, la figlia del capo. Ovviamente lui sceglie sempre di salvare la figlia, S. ci pensa su, già alla domanda "tra il cibo e Martina?" tentenna. Allo sguardo perplesso del capo io rispondo "E' naturale, lui non conosce Martina e quindi non fa fatica a scegliere." Le domande che faccio pongono scelte sempre più difficili da prendere, e quindi esprimo il desiderio di smettere, dicendo che è un gioco pericoloso, che arriverà ad un punto dove Martina dovrà essere sacrificata anche dal padre. Lui sostiene di no e rivolgendosi al bambino gli domanda "Tra la tomba e Martina?" il bambino non capisce, mi accorgo di essere stata io a fare la domanda e quindi sento di dovergli spiegare cosa vuol dire morire, sepolto vivo. "Nessuno verrà a salvarti, e non potrai più giocare, non esisterai più per nessuno, sarai immobile sotto terra ad aspettare di addormentarti per non svegliarti più perché essere svegli li sotto è terribile. Hai capito bene?" Il bambino fa cenno di si con la testa e poi sceglie comunque di salvare Martina. Io lo accarezzo sui capelli e gli dico che è stato bravo e che grazie a questa scelta non morirà sepolto vivo, ma diventerà un cavaliere coraggioso che troverà l'amore perfetto. Lo mando a giocare, spiegandogli un'ultima volta che la sepoltura non è un gioco, di non farlo neanche per scherzo con nessun amico, perché quando l'amico muore non si può più tornare indietro, non importa quante lacrime, quanto uno si penta di aver fatto quel gioco, l'amico morto non tornerà più a vivere. Il bambino mi rassicura e va a giocare felice di essere un cavaliere senza macchia e paura. Mi rivolgo allora ai due uomini rimasti, "Sei sepolto vivo e anche Martina lo è, solo tu o lei può essere tirato fuori dalla tomba e salvato, chi salvi?"
Il mio capo rinuncia alla sua vita per la figlia. Guardo S. vedo che sa benissimo cosa sceglierà ma è tentato di dare l'altra risposta, lo metto in guardia: "Questo non è un gioco, quando ti dico che devi scegliere tra la tua vita e quella di Martina chi scegli? Non dire palle perché io capisco se non dici la verità." Mi sveglio sapendo che sceglierà se stesso.
Tutti i nomi di donna sono riconducibili a Marta o a Maria. Il mio nome appartine al ramo di Marta.
La piccola Marta, Martina, sono io e può salvarla solo un padre, un piccolo cavaliere senza macchia e paura, e io.
Tutti i nomi di donna sono riconducibili a Marta o a Maria. Il mio nome appartine al ramo di Marta.
La piccola Marta, Martina, sono io e può salvarla solo un padre, un piccolo cavaliere senza macchia e paura, e io.
giovedì 9 aprile 2009
Sui Tacchi Alti
Mercoledì 8 Aprile 2009 - (I sogno) L'ufficio dove lavoro è un cinema. Nell'atrio di ingresso, scalinate di marmo bianco coperte da tappeti rossi, sui lati vari negozi gestiti dai praticanti. Entro dalle porte a vetri scorrevoli, cammino sicura sui tacchi alti, indosso un completo giacca pantalone nero e un lupetto a mezze maniche nero attillato. Dietro di me c'è Eve con un'altra collega. Fanno una battuta sul fatto che da quando indosso i tacchi alti ho conquistato il potere e insinuano che io abbia una relazione con un collega, perché, dicono, sia lui che il capo mi ascoltano e trattano da pari livello. Il Capo è proprio dietro di loro, le sgrida ed entrato nel negozio del collega in questione gli chiede un giudizio su di me. Lui risponde che non è perché indosso i tacchi alti o perché c'è qualcosa tra noi che mi tratta così, ma perché sono e sono sempre stata una persona valida, sulla quale contare e con capacità di giudizio obiettivo. Il Capo se ne va via sulle scale dicendo che questo è quello che pensa anche lui, che in passato ha sbagliato a lasciar correre certe situazioni, ma che ora ha deciso di essere più diretto. Eve mi raggiunge sui divanetti dell'atrio, è arrabbiata e lamentosa, perché, dice, non tutti possono mettere i tacchi alti, che a lei, per esempio, dopo un po' le fanno male i piedi. Con fare comprensivo le rispondo che non ha importanza avere i tacchi o meno, è come uno tiene le scarpe che fa la differenza. Le guardo i piedi, indossa un paio di graziose ballerine cosparse di paillette color bronzo. Le dico che ha sempre avuto scarpe carine e femminili, che è giovane ed è giusto così, che non è mai stata sciatta ed è quella la cosa importante. Ci abbracciamo e io esco, devo spostare la macchina che ho lasciato in mezzo alla rotonda. Faccio retromarcia decisa, manovra ed esco. Trovo parcheggio sul lungomare. In macchina ho un'altro paio di scarpe, sono francesine stringate, tacco alto quadrato, marroni in rettile. Le prendo e faccio per avviarmi al lavoro. Torno indietro e prendo dalla macchina anche delle ciabatte grigie in feltro. Con me ora c'è Eve, le do una delle due ciabatte. Sul tragitto so dove c'è un cestino dei rifiuti, ci butto la ciabatta, e guardo Eve perché faccia la stessa cosa con quella che ha n mano lei. E' titubante, non sa se buttarla o no, io la incoraggio e allora infila la ciabatta nel suo cestino dei rifiuti. Camminando sul marciapiede mi infilo ai piedi le scarpe marroni perché ora sono vestita di questo colore.
mercoledì 8 aprile 2009
La Piscina Circolare
7 Aprile 2009 - Domenica. Sono di nuovo nella casa del sequestratore, ora ci vivo stabilmente. C'è appena stata una festa e gli ospiti se ne sono andati quasi tutti. C'è mio cugino Ivan, da fuori sentiamo arrivare rumori strani e nella piscina circolare in mezzo al giardino è stato buttato qualcosa che ha trasformato tutta l'acqua in fango melmoso verde e tutt'intorno alla piscina la terra è una sabbia mobile. C'è qualcuno nella piscina (una donna) dobbiamo tirarla fuori, cerchiamo di avvicinarci senza rimanere intrappolati nelle sabbie mobili. Buttiamo dentro un trattore per tagliare l'erba per poter tirare fuori sfruttando il momentaneo movimento dell'acqua. Mi sveglio. Mi riaddormento.
venerdì 3 aprile 2009
La Cena di Rappresentanza
Venerdì 3 Aprile 2009 - Devo andare ad una cena di rappresentanza con il Maestro, ma non posso. Allora gli propongo una sostituta. La scelta cade su Eve, le spiego come sarà la serata e facciamo le prove della pettinatura. Siamo nella mia cameretta di quando vivevo con i miei. La pettino facendole una acconciatura raccolta molto morbida, con ciocche che ricadono a boccoli sul viso, tipo le acconciature delle donne dell'antica Grecia, e per completare utilizzo un cordoncino cangiante rosso arancio bianco sfumati, che faccio passare incrociandolo più volte tra i capelli e poi intorno al collo. Prendo la collana di cristalli di rocca e la apro, le dico di tenerne una estremità e comincio ad avvolgergliela intorno al polso destro (come la catena intorno al gambo della rosa nel sogno La Rosa e la Catena) le prime volte non riesco, rimane troppo molle, la collana sfugge, poi riesco ad avvolgerla bene e chiudo le due estremità. Siamo d'accordo, andrà lei. La sera della cena vedo Eve non ancora pronta, le chiedo se non è in ritardo con i preparativi e lei mi risponde che non vuole andare e che ci andrà Valentina, la sorella, al posto suo. Penso che è troppo giovane e che si annoierà ma ormai è tardi per cambiare idea. Sono seduta al tavolo della cena, di fronte a me, sfasata di un posto sulla destra, c'è Vale e alla sua sinistra il Maestro. La guardo e vedo che si sta annoiando, sbocconcella i cibi che evidentemente non le piacciono. Guardo il Maestro che sta guardandomi da un po', con gli occhi mi fa segno che potevo esserci io li al posto di Vale. Tra i commensali seduti vicino a noi scatta il quiz "quanti anni dimostri, quanti anni hai". Nessuno crede alla mia età vera e si complimentano tutti. Mentre il Maestro mi sta spiegando come accompagnare a casa Valentina e poi vederci, io mi sveglio, rispondendogli che può venire a qualsiasi ora, anche in piena notte, e che se starò dormendo io mi sveglierò.
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